Processo a Dio 01 del 10.11.1994

Appena dico la parola scuola si pensa all’appello, essere puntuali…io non sarò mai puntuale, sappiatelo! La scuola è esattamente il contrario di ciò a cui siamo abituati a pensare. Scuola significa tempo di ozio. La parola greca scole’ significa proprio tempo di ozio, della disoccupazione, significa quiete, riposo. La scuola è esattamente il contrario di quello che, con la complicità soprattutto delle maestre di scuola elementare, che sono le prime che mettono nella testa queste cose, sono le più feroci, ci immaginiamo. Quando ci ritroveremo qui sarà per un incontro di quiete, di riposo, senza farci problemi perché problemi in realtà non ce ne sono.

Affronteremo in una maniera serena, allegra, leggera e profondamente, se c’è tempo, questi nostri incontri.  Il tema quest’anno è Processo a Dio. Non è un titolo provocatorio, perché la parola processo richiama subito tribunale, giudizio; processo a Dio. Perché questo tema? Dio è un tema trascurato, trascurato soprattutto da quelli che dovrebbero, per professione, interessarsene: i Teologi. I Teologi purtroppo non si interessano più a Dio e, quando vengono chiamati a qualche dibattito trasmesso anche in televisione, vengono chiamati non perché parlino di Dio ma per parlare di morale. Vengono chiamati come moralisti, quelli cioè che se ne intendono di morale, quelli che parlano e straparlano e sproloquiano sui valori. Vogliono che i Teologi parlino dei valori perché sperano, con i valori, di ricostruire questa umanità scompaginata. Dal ‘68 in poi si è provveduto a scompaginare tutti i valori; c’è stata tutta una lotta contro i valori perché ritenuti borghesi. I valori della fedeltà, della solidarietà, dell’amicizia, la stessa responsabilità. In quegli anni fu che ho vissuto, in quegli anni mi sono formato, ma non mi sono lasciato formare da quegli anni. Ci fu una lotta feroce ai valori considerati, in quegli anni, un camuffamento di carattere etico e metafisico degli interessi della classe politica, la classe dominante che vuole tenere buoni buoni tutti quanti. 

Questa classe non poteva fare altro che mettere su  i valori e da qui tutta questa critica feroce ai valori perché erano soltanto la ideologia, cioè l‘articolazione coerente attraverso un sistema di idee di bassi interessi, della classe dominante.  Questi valori furono mandati tutti all’aria e soprattutto ci si rifaceva alla critica Marxista secondo la quale la politica e la morale, la religione, l’arte, il diritto sono soltanto la sovrastruttura di una struttura che è quella economica: cioè il fenomeno, l’apparizione, lo spettacolo di una struttura economica che a quel tempo lì, ed anche oggi, era di carattere prevalentemente capitalistico.  Il valore era soltanto il riflesso e lo specchio della classe dei capitali, quindi una prolunga di quegli interessi, e pertanto fu fatta questa critica feroce ai valori. Soltanto che poi, criticando criticando, si arriva alla fine che si distrugge tutto, anche il concetto stesso di rapporti di società e, quando si distruggono tali rapporti, allora la volontà di potenza, la volontà di potere si riversa specialmente in quegli spazi vuoti lasciati dalla   Allora poi, è chiaro, è venuta fuori la paura.  Abbiamo visto che significa un uomo senza valori! Allora bisogna provvedere a riformare, a riformulare i valori che, caso strano, sono sempre gli stessi. Quelli che oggi parlano dei valori necessari per creare una società sono gli stessi che, trenta anni fa circa, hanno provveduto a distruggere tutti questi valori. Poi si sono fatti prendere dalla paura e adesso, siccome non si può vivere più senza valori, bisogna di nuovo riformarli.  Perciò i Teologi che vengono chiamati in questi incontri-dibattiti in televisione, sono i Teologi moralisti, quelli che devono ridare il fondamento ai valori. Io non sono un Teologo moralista e, neanche se mi coprissero di oro, lo farei perché il moralista è soltanto il primogenito della paura e quindi i signori Teologi, invece di pensare a quello che è l’oggetto primo e primario dei loro studi che è Dio, parlano dei valori morali necessari per ricostruire la società. I Teologi diventano così gli utili idioti a servizio di quelle persone che prima rompono, scassano e poi vogliono ricostruire. Il Teologo vero, il Teologo normale, se la ride di questi Teologi moralisti, non ha paura, non ha paura perché non scende a questi compromessi. Quando i Teologi furono messi a tacere, il loro cupo silenzio favorì il nascere della società moderna. Mi fanno ridere certi cattolici, come gli amici della FUCI, che sostengono la necessità di porre di nuovo la facoltà di Teologia all’interno delle facoltà statali, come se lo stato dovesse accettare di nuovo la Teologia. Non l’accetta perché, lo stato moderno nasce soltanto quando i Teologi vengono messi a tacere, quando i Teologi non rompono più le scatole con Dio, allora nasce la società moderna. Quando il Teologo non parla più, non c’è più la Teologia, non quella moralistica dei valori, ma la Teologia dei “discorsi su Dio”, allora nasce la paura della morte. Uno dei più grossi teorizzatori della società moderna è un certo Tommaso Hobbes, inglese; è uno dei grandi sostenitori accaniti di questa emarginazione della Teologia, basta andare a vedere a cosa si riduce la sua società “Homo Homini Lupus”. Quindi, in mancanza di discorsi su Dio, nasce la paura della morte, dalla paura della morte nasce poi la società moderna. Perché la società moderna si fonda sulla paura della morte? Se non ci fosse la paura della morte ci sarebbe meno socialità, allora si può dire che il posto di Dio lo prende la Società. I signori Teologi, invece di capire questo meccanismo per cui da Dio escluso, Teologia esclusa, nasce la società moderna, si vanno ad inginocchiare davanti alla società moderna e dicono: “Vi costruiremo noi tutto l’apparato concettuale necessario perché la vostra società moderna, fondata sulla pura della morte, possa reggere.” Inutili idioti!

Molti di questi Teologi, che chiamo lo stesso colleghi perché in fondo sono colleghi – almeno da un punto di vista accademico – si sono prostrati davanti a questo mondo, si sono sottomessi a questo giochetto della socialità, senza capire cosa stava sotto sotto. Questa società moderna purtroppo non ha ancora fatto i conti con Dio, perché la paura della morte significa che i conti con Dio non li ha ancora fatti.

Così come il cane ritorna al suo vomito, la società moderna ritorna al suo vomito che è Dio; ci ritorna ogni tanto, ci ritorna spesso, ci ritorna ancora perché non ha ancora risolto il suo nodo, lo ha soltanto rimosso – in senso psicoanalitico – lo ha tolto dal campo della coscienza e lo ha portato volutamente nel campo della non consapevolezza. Tutto ciò che viene portato dal livello della consapevolezza al livello della inconsapevolezza non rimane lì ma ti agita, ti rende nevrotico e ti rende psicotico. Vedremo – nel corso di questo corso – come le più grandi nevrosi, le psicosi, hanno alla base proprio questo Dio. Non dico che Dio è la causa delle nevrosi e delle psicosi, non è la causa ma ne è l’origine. Dio è l’origine del male non è la causa, la causa è la nostra “libera volontà”; ma Dio è l’origine perché noi siamo originati da Lui; perciò, Dio è l’origine del bene come del male.

Mi viene il capriccio di riprendere quest’oggetto Dio, di portarlo fuori dal rimosso, per portarlo in questo campo della consapevolezza sapendo benissimo che la società non lo vuole perché è un oggetto scomodo. Mi potreste dire che non è attuale, non è pratico. Lo so oggi c’è la religione della pratica e, chi non rispetta i dettami della religione della pratica, non viene punito in cielo, ma viene punito sulla faccia della terra, subito; io accetto la punizione ma il capriccio me lo voglio togliere di parlare di questo oggetto incommensurabile che è Dio. Se voi seguite bene i 3/4 dell’insegnamento di Papi e Vescovi è sulle regole sociali come se il problema è: Come possiamo vivere un po’ meglio? Come possiamo stare più sicuri e tranquilli? Ah, ah” che grande problema”! (ironico) e i nostri Pastori ci danno le regole del vivere sociale che ci permetteranno di vivere un po’ più tranquilli e più sicuri; questo, se me lo permettete, è un servizio di bassa lega.

Per quanto riguarda il termine “processo”. Processo ha due significati – scusate ma io mi rifaccio sempre all’etimologia perché ritengo che nell’etimo della parola ci sia già tutto il programma della parola – processo da pro cedere: pro vuol dire avanti, cedere andare o cadere.  Se parliamo del processo come un cadere davanti, pensiamo al tribunale, in cui si cerca di far cadere in contraddizione l’imputato davanti al tribunale, al giudice, perciò essere accusato e quindi condannato. Processo nell’altro significato pro cedere andare avanti, cioè itinerario, cammino verso Dio. Nel corso che faremo “processo” lo intenderemo sotto i due aspetti, sia come “procedere” ossia andare avanti verso Dio, e lo intenderemo anche nell’altro senso: far cadere Dio sotto i colpi del nostro giudizio, cioè di farlo cadere davanti a noi, di tirargli giù quella maschera che impedisce un sano stare dinnanzi a Dio. Lo chiamiamo in giudizio per farlo cadere, perché in Lui c’è l’origine di tanti e tanti disturbi. Non è la causa, è soltanto l’origine; la causa siamo noi però l’origine è sempre Lui. Quindi arrivare ad un processo, scremare quest’idea di Dio stesso in noi, perché’ possa crollare per impedire le devastazioni che quest’idea di Dio può provocare nelle nostre fragili strutture psichiche e poi anche fisiche.

 Quindi processo, visto nel duplice aspetto di andare avanti verso Dio e nello stesso tempo di processarlo, di farlo cadere davanti a noi, se ci riusciremo a farlo cadere. Si pensa alla ricerca di Dio come ad una cosa visibile, ma Dio non è da ricercare, non c’è da ricercarlo. Sarebbe come andare a cercare un poco d’aria in un ambiente che è saturo d’aria o un millimetro cubo di gas in un ambiente saturo di gas. Dio non è che lo ricerchiamo, Dio ci invade, siamo invasi da Dio; è soltanto che non ce ne rendiamo conto oppure a volte questa ricerca di Dio è un trucco per tenerlo a distanza. Ma se apriamo bene gli occhi ci accorgiamo che questo Dio ci invade continuamente ed è un’invasione da cui a volte dobbiamo prendere le distanze e fare un po’ di attenzione. Ho voluto spiegarvi in breve il perché della scelta di questo tema, che va decisamente controcorrente anche per rispetto allo stesso mestiere di Teologo. Un Teologo che si inginocchia davanti alla società che non vuol sentir parlare di Dio, – e sa’ perché non vuol sentir parlare di Dio, e sa’ che la società moderna è fondata sulla rimozione di questo concetto, e sa’ che proprio tanti mali dell’individuo derivano dalla rimozione di questo concetto – non può non parlare di Dio, tradirebbe il suo mestiere di Teologo, per sposare la causa un’umanità scompagnata, che è basata sulla paura della morte, perciò s’inventa questa società per controllarsi meglio gli uni con gli altri per evitare così i dubbi e i silenzi. Il Teologo dovrebbe stare nel cuore della realtà.