Come si festeggiava

Bari, una bara con dentro una testa di maiale: si festeggiava così nella chiesa di San Ciro

BARI – Una bara con all’interno una vera testa di maiale e tutt’intorno un coro che intona “Nella vecchia fattoria”. E’ così che quest’anno è stata onorata la festa di Ognissanti nella parrocchia diSan Ciro del quartiere Mungivacca di Bari. Regista dell’insolita cerimonia è il settantenne Felice Verni, dal 1987 parroco della chiesa.
Don Felice, laureato in medicina, teologia, filosofia e psicologia, pittore e compositore di musica, è un sacerdote molto particolare. Per dirne una, tempo fa aveva nominato come viceparroco il suo fedelissimo amico Trinità: un pastore tedesco. Si racconta che anche negli incontri ufficiali con i vescovi, don Felice si facesse accompagnare dal cane, presentato a tutti come il suo aiutante. Quindi non sorprende che il sacerdote abbia ideato una festa così strana, a cui noi abbiamo assistito.
La “cerimonia” inizia dopo la messa serale delle 19 e si svolge in sagrestia. Qui c’è tanta gente, si chiacchiera, ci si saluta, si ride e tutti sono lì in trepidante attesa di varcare la soglia della stanza adiacente, ancora chiusa, dove si darà inizio ai festeggiamenti. Notiamo subito che su una porta bianca è appeso uno scheletro-fantoccio vestito con un saio e un cappuccio nero: insomma il simbolo della morte. Sopra il manichino è affisso il necrologio che annuncia la morte di don Felice Verni. Su c’è scritto: “Alla faccia di tutti i filosofi, in barba ai Papi sia dell’Est sia del Sud-Ovest”.
Quando la porta finalmente si apre ci troviamo di fronte a una specie di camera ardente festosamente allestita. C’è una lunga tenda rossa a chiudere un palco e in cima alla quale campeggia un teschio. Sul pavimento si trova una bara chiusa su cui è posizionata l’immagine in cartoncino del cartone animato “Peppa Pig”.
Arriva a questo punto don Felice, che annuncia il titolo del canto che il coro andrà ad intonare: “Nella vecchia fattoria”. Terminata la musica si apre la bara e ciò che vediamo è un mix tra il divertente e lo sconcertante: uno scheletro di plastica adagiato su un letto di foglie con la testa di un vero maiale e tra le “gambe” un pezzo grande di mortadella. Tutti i presenti guardano incuriositi, fanno foto e i bambini soprattutto restano a bocca aperta. Don Felice spiega perché quest’anno ha scelto come tema il maiale: ogni 1° novembre infatti viene inserito un qualcosa di diverso nella bara.  «L’idea – spiega il prete – mi è venuta dopo aver letto che in un asilo dell’Italia settentrionale, frequentato da etnie diverse, gli italiani hanno compiuto gesti di solidarietà verso i musulmani togliendo il crocifisso, abolendo il presepe e le varie festicciole natalizie. La direttrice dell’asilo però ha lasciato in giardino un dondolo a forma di maiale, provocando così una ribellione da parte dei musulmani (che considerano l’animale impuro). Gli italiani a quel punto sentendosi offesi non hanno voluto che quel “maiale” si toccasse. Cioè hanno fatto a meno del crocifisso, del Natale, ma non del maiale. Dal suino è partita quindi la riscossa della “coscienza” europea, una coscienza “porca” però».
Chiediamo a questo punto al sacerdote come nasce questa strana usanza di festeggiare il primo novembre con riti così macabri. «Halloween non c’entra proprio nulla – tiene a chiarire don Felice -. L’idea nasce 30 anni fa, quando passeggiando per le vie di Mola di Bari con un mio amico, ci chiedemmo come mai in alcuni paesi del Sud Italia ci fosse la tradizione tra i parenti dei defunti di mangiare tutti insieme dopo la sepoltura dei loro cari. A quel punto mi interrogai: ma perché non organizzare una cena in onore della nostra morte, ma adesso che siamo vivi? Quindi andammo in un’osteria e festeggiammo tutta la sera. Da allora è rimasta questa abitudine che ripetiamo ogni anno: è sempre il mio amico che fa stampare i manifesti funebri con scritto il mio nome».

Il tema del festeggiamento però come detto cambia ogni anno, a seconda dell’ispirazione del momento. «Una volta ho messo nella bara una zucca vuota – ricorda il sacerdote – perché volevo evidenziare il fatto che oggi siamo tutti delle teste vuote».

Non ci resta che seguire tutti gli invitati nel grande atrio della chiesa dove vengono serviti primi piatti preparati dalle parrocchiane e carne arrosto cotta su una brace allestita per l’occasione. La festa si conclude con la distribuzione di bomboniere. Quest’anno sono state confezionate e regalate delle piccole teste di maialino di zucchero avvolte in un sacchettino viola, a cui è stato attaccato un gadget raffigurante una piccola bara e un bigliettino con su scritta la “presunta” data di morte dell’omaggiato.

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