Critica culturale 08 del 13.03.2000

Come s’inserisce il “mea culpa” del Papa nel discorso di critica culturale? Non s’inserisce certamente al modo di quel prete che, durante l’omelia, voleva a tutti i costi, il giorno della festa di S. Giuseppe, parlare della Confessione. “Come faccio a parlare della confessione se devo parlare di S. Giuseppe, oggi che è la sua festa?”. Allora disse: “S. Giuseppe era falegname, fare il falegname vuol dire lavorare il legno, i confessionali sono fatti di legno, perciò vi parlo della Confessione”!?!

Non intendo parlare del “mea culpa” del Papa tirandolo nella tematica generale del nostro incontro così come fece quel prete con la Confessione e S. Giuseppe. Intendo parlarne, perché ci si aspettava che il Papa chiedesse perdono al Mondo per tutti gli errori che la Chiesa ha compiuto nel corso di 2000 anni. Poiché nella critica culturale giriamo sempre intorno al concetto di “Mondo”, la mia domanda è questa: può il Papa, o chiunque, chiedere perdono al Mondo? Si può chiedere perdono al Mondo? Il Mondo può dare il perdono alla Chiesa? Si può chiedere scusa al Mondo per gli errori che sono stati fatti durante 2000 anni di storia della Chiesa e del Cristianesimo? E il Mondo può scusare la Chiesa per tutti questi errori? Il “mea culpa” del Papa – ripeto – rientra nella tematica del Mondo, nella tematica della Storia, nella tematica della verità.

Quali sono i “mea culpa” di cui ha parlato il Papa? I “mea culpa” riguardano: la deviazione dal Vangelo (si è deviato dal Vangelo molte volte), le guerre di religione, le divisioni tra i cristiani, le persecuzioni contro il popolo d’Israele, le conversioni forzate, il maschilismo e il razzismo, l’ingiustizia sociale. Questi sono, mi pare, i sette “mea culpa” che il Papa ha fatto nella liturgia di domenica.

Nella liturgia di domenica le cose sono state un po’ riassunte, perché non si poteva parlare delle 10.000 streghe uccise, dei 500.000 albigesi uccisi in Francia, dei 100.000 catari uccisi. Tutto rientra, dunque, nelle divisioni tra i cristiani, nelle persecuzioni, nelle guerre di religione. Non poteva, il Papa, stare a citare tutte queste cose, anche perché c’è un grosso problema: su alcuni di questi fatti storici non c’è ancora un giudizio storico definitivo, cioè la storia non ha ancora dato il verdetto definitivo su questi fatti, quindi non si poteva citare caso per caso.

Ma la domanda è questa: può il Papa, o un uomo, chiedere perdono per atti che non ha compiuto? La responsabilità è soggettiva, è individuale, cioè quelli che fecero le guerre di religione, quelli che perseguitarono le streghe, quelli che uccisero i protestanti nella strage di S. Bartolomeo, quelli che obbligavano gli ebrei a convertirsi hanno una responsabilità soggettiva e quindi sono imputabili. Ora, posso io chiedere scusa a nome di gente che non c’è più? Come faccio! Posso io capire o dire qual era il grado di responsabilità soggettiva di quelle persone? È impossibile! Posso accusare quelle persone, quando quelle persone non hanno, evidentemente, la possibilità di difendersi. In ogni tribunale umano l’accusato ha il diritto di difendersi. Se io accuso un Papa di essere stato un persecutore, o se questo appare a me così, devo dare a quel Papa la possibilità di difendersi. Ora, questi soggetti non hanno alcuna possibilità di difendersi e io non posso parlare della responsabilità soggettiva di queste persone. Non so che cosa gli passava per il cervello! Non posso chiedere perdono a nome di queste persone, perché non ci sono più.

Quindi, il Papa non ha chiesto perdono a nome di queste persone ed è da vedere a chi deve chiedere perdono.

Gli errori elencati prima vengono chiamati “errori storici”. In realtà non è che siano solo “errori storici” e in questo il Papa può dire qualcosa di valido, può veramente fare un “mea culpa”. Se questi errori non sono soltanto “errori storici”, cioè avvenuti in un determinato periodo, ma sono “errori dottrinali”, allora il discorso cambia, perché la dottrina è ciò che lega la Chiesa di 1000, di 500 e di 200 anni fa a quella di oggi. La dottrina della Chiesa lega tutti i tempi.

Quindi il Papa può chiedere soltanto perdono per una dottrina sbagliata, non tanto per fatti storici, perché i fatti storici sono soltanto una conseguenza di una dottrina sbagliata. Il fatto storico – ricordatevi – non nasce mai da sé, nasce da una convinzione, da un pensiero; perciò è inutile che mi dicano che il Papa chiede perdono per “errori storici”. Il Papa chiede perdono per “errori dottrinali”, non storici. Gli “errori storici” sono il frutto di “errori dottrinali”.

Come vi dicevo ieri, durante l’omelia, ci sono tante modalità di divertimento: c’è chi raccoglie francobolli, chi va a pesca, chi intreccia continuamente avventure sentimentali, ma le modalità sono niente in confronto all’atteggiamento di fondo del divertimento, che è quello di “divertere”, di non guardare le cose come stanno. Quello è il peccato: non sono le modalità che si scelgono, non sono i fatti storici contingenti, ma è l’atteggiamento di fondo, il pensiero, il modo di concepire le cose che è sbagliato, perché da quel modo di concepire le cose derivano tutti gli “errori storici”.

DOMANDA: “Se il Papa è infallibile, come fa a compiere errori dottrinali?”

RISPOSTA: Voi come lo volete, fallibile o infallibile? C’è una differenza: non in tutte le cose che dice è, evidentemente, infallibile! In alcune cose è infallibile, in altre no.

Ritornando al nostro discorso: il Papa chiede perdono a nome della Chiesa di oggi. In che senso io, che sono della Chiesa di oggi, ho la responsabilità per le crociate, per la lotta alle streghe, per le conversioni forzate? Solitamente quando predico dico esattamente il contrario. Che c’entro io? Perché il Papa deve chiedere perdono a nome mio? Se io dico esattamente il contrario di quelle cose, se vi ho detto che tanti secoli di storia della Chiesa – ma non tutti, perché al di sotto di questa storia di errori, c’è la storia della Santità della Chiesa, in tutti i secoli, dall’epoca dei martiri fino ad oggi – bisogna prenderli e cestinarli. Quando vi spiego che oggi c’è da riformare e da rivedere, voi pensate che io vi dica delle sciocchezze, delle mie fissazioni, delle mie ossessioni. Ora l’ha detto anche il Papa. Il Papa ha detto che tanti errori sono stati fatti durante la storia della chiesa e che ora c’è da rilanciare questo millennio, rilanciare la nostra fede, depurarla dalle fondamenta. È necessario che nascano i nuovi Padri della Chiesa. Come nei primi secoli d.C., quando il Cristianesimo ebbe l’impatto con la cultura greca del tempo, ci furono le menti elevate, i Padri della Chiesa (S. Clemente Romano, S. Clemente Alessandrino, S. Attanasio, S. Ambrogio, S. Agostino, S. Girolamo, tutte persone esperte del pensiero del tempo e pieni di vera fede) che seppero coniugare e trovare una nuova, più profonda e più vera espressione della fede, così adesso c’è bisogno di fare la stessa cosa. C’è bisogno di nuovi Padri della Chiesa, di nuove intelligenze, che rivedano le cose dalla profondità, che non stiano a ripetere sempre le stesse storielline.

Mi sembra che queste cose io ve le stia dicendo ormai da anni: adesso mi sento confortato dal pensiero, dall’atteggiamento del Papa. Mancano le intelligenze vivaci, che sappiano avere un occhio a tutti i saperi esistenti e un occhio alla fede, che abbiano delle chiavi per aprire certi tesori che stanno nella nostra fede.

Dove sono queste intelligenze e queste menti? Si sentono sempre le stesse storie e le stesse chiacchiere!

Io, che da tanti anni dico queste cose, cosa c’entro con gli “errori storici”?

A questo punto bisogna distinguere due concetti diversi: il concetto di “colpevolezza” e il concetto di “responsabilità”.

Nessuno di noi è colpevole degli errori fatti durante il corso della storia della Chiesa. Nessuno di noi è colpevole, perché noi non c’eravamo: la colpevolezza è soggettiva e la vera colpevolezza la può valutare soltanto il Padreterno.

Noi siamo, invece, responsabili, non colpevoli. “Responsabile” significa – dall’etimo della parola – “che dobbiamo sempre rispondere”, rispondere, dunque, di ciò che si è fatto e di ciò che stiamo facendo noi cristiani di oggi, perché – ricordatevi – c’è un filo che lega i cristiani di 1000, 2000 anni fa con i cristiani di oggi. C’è una tentazione continua che prende i cristiani di allora e i cristiani di oggi.

Al di là della storia che mostra variazioni, diversità e differenze, c’è un filo unico che lega tutta quanta l’umanità, un filo di tentazione che lega tutti quanti: quella tentazione per cui tanti cristiani nei secoli passati sono caduti nell’errore della violenza, ecc., quella stessa tentazione ce la portiamo, oggi, anche noi. Ecco perché la cosa più importante di questo “mea culpa” del Papa non è tanto lo sguardo retrospettivo sul passato, quanto lo sguardo sul presente, su di noi. Se il Papa ci parla del passato lo fa per farci capire, giustamente, che ciò che ha determinato gli errori del passato è presente anche oggi ed è la tentazione continua di ogni essere umano. Questa tentazione non ha limiti di spazio e di tempo, c’è sempre. Questo è l’obiettivo che il Papa voleva raggiungere con questo “mea culpa” e non tanto il fare un elenco degli errori del passato. Gli errori del passato sono dovuti ad un modo di intendere il Cristianesimo che è presente, o che può essere presente, ma che c’è sempre, anche oggi.

Ogni tanto qualcuno di voi mi dice: “Don Felice, fai venire lo stesso i ragazzi lì da te, fagli fare quello che vogliono; poi, una volta che li hai presi, allora gli dici la verità”.

Ma che mi state proponendo? Questa è la stessa tentazione che hanno avuto i cristiani di tutti i tempi e che ha portato ad imbrogliare, ingannare, trattare gli altri come infantili e puerili, a tenerseli in chiesa, ad accattivarli con altri modi, per poi dire la verità, ma la verità non è stata mai detta. Mi state proponendo la strumentalizzazione, la mancanza di sincerità, la catturazione, l’adulazione, l’uso del potere per attorniarsi e far venire quante più persone possibili?! Ma questa è una tentazione frutto di una mentalità che non è solo di ieri, ma anche di oggi. Questo è ciò che il Papa intendeva. Ecco perché non poteva andare ad elencare in maniera pedissequa e pedantesca tutti gli errori del passato, uno per uno, quantificandoli. I gay, per esempio, si sono lamentati perché il Papa non ha chiesto perdono anche a loro e così anche i verdi: “perché il Papa non chiede perdono per gli agnelli che vengono uccisi per la Pasqua?”; e gli ebrei hanno detto: “però non ha parlato come noi ci aspettavamo!”. Voi capite che a questo punto non si finisce più.

Il Papa non ha rivolto questo “mea culpa” al Mondo: si tratta di un atto interno alla Chiesa, per dire che noi cristiani di oggi non dobbiamo farci migliori dei cristiani di ieri, perché la stessa tentazione di ieri è presente anche oggi.

Decurtare le verità sacrosante della nostra fede, addolcirle, addomesticarle, fare una specie di “vulgata” del Cristianesimo, cioè una versione adatta al popolo, al volgo, tanto per tenerlo in Chiesa, cos’è se non una violenza, un inganno alle persone?!

Questa è la pastorale: la pastorale, che è l’altro nome della pubblicità, serve a raccogliere quante più persone è possibile per tenerle in chiesa senza far capire niente. Non è violenza questa? “Ogni parrocchia deve avere il suo consiglio pastorale. Bisogna scegliere le persone più brave, più ragguardevoli, più intelligenti”. Come se alcune persone possano rappresentare gli altri nelle cose della fede. Oppure il clericalismo: “quante più persone stanno sull’altare tanto meglio è”, perché quanto più uno sta vicino al prete, tanto più si sente realizzato, si sente investito di chissà che cosa. Invece di capire che il sacerdote è un povero scemo che sta lì per fare un servizio, il sacerdozio viene preso come potere. Voi non potete immaginare tra noi sacerdoti quanta voglia c’è di fare carriera, di diventare vescovi. Che cos’è questo?

Questi sono rischi di oggi: le tentazioni di una volta sono le stesse di oggi.

Con il “mea culpa”, il Papa vuole parlare proprio di questa tentazione “sincronica”. Che vuol dire “sincronica”? “Sincronico” è ciò che è presente in ogni momento, in ogni istante, in tutti gli spazi e in tutti i tempi. “Diacronico”, invece, è ciò che sta in un momento, in una fase e nell’altra fase non c’è più.

Dobbiamo sempre chiedere perdono per questa mentalità, perché è una mentalità “sincronica”, strutturale dell’essere umano.

C’è un bellissimo passo del Vangelo di S. Matteo, in cui Gesù dice: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti, e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti; e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti. Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!” (Mt 23,29-32). Gli scribi e i farisei dicevano a Gesù che non erano come i loro padri, perché se fossero vissuti al tempo dei loro padri non avrebbero ucciso i profeti. Gesù, invece, gli dice che il gene che c’era nei loro padri è lo stesso che sta dentro di loro, per cui sono ipocriti: infatti lo dimostrarono perfettamente, perché presero Gesù e lo uccisero.

Noi siamo responsabili di questo gene, del gene della violenza, del gene della sopraffazione, del gene della strumentalizzazione, del gene dell’uso della religione, del gene del razzismo: questo gene dei nostri padri ce l’abbiamo anche noi, tale e quale!

È di questo che dobbiamo rispondere: non siamo colpevoli delle crociate, ma responsabili della mentalità, del pensiero, del modo di pensare che portò alle crociate, alla caccia alle streghe, all’Inquisizione, al fatto di imporre la verità con la violenza. Di questo dobbiamo chiedere scusa: siamo responsabili e non colpevoli.

Ciò che né il Papa, né i vescovi e nemmeno noi possiamo mai dire è: “se fossi vissuto al tempo delle crociate non avrei mai indetto, o appoggiato, o partecipato alle crociate”, perché Gesù ci risponderebbe subito: “ipocrita, il gene dei tuoi padri (nella fede) c’è l’hai anche tu, perciò devi stare attento anche tu”. La risposta di Gesù ai farisei e agli scribi è straordinaria.

Questo è il senso del “mea culpa” del Papa: purificare la Chiesa non dal passato, perché non si può purificare la Chiesa dal passato. Dice un adagio latino: “quod factum est nequit infectum fiere” (“ciò che è stato fatto non può diventare non fatto”). Sono state fatte le crociate, e lì rimangono; è stata fatta la caccia alle streghe, e lì rimane; è stata fatta l’Inquisizione, e lì rimane. Non si può cancellare il passato, non ci si può purificare dal passato, ma ci si può purificare soltanto da quel gene che era nel passato, è nel presente e sarà nel futuro e che ci porta a fare le stesse cose che fecero i nostri padri. È necessario stare allerta, sempre!

Perciò, non chiedetemi mai di addolcire e di accorciare le verità cristiane per renderle digeribili. Quasi che debba esserci un Cristianesimo di serie A, per la gente colta – che in realtà non capisce niente; sente il Cristianesimo, ma non lo pratica -, e un Cristianesimo di serie B, per il popolino.

Non chiedetemi mai di rendere più accogliente il clima per far venire più gente, per catturare quanta più gente è possibile.

Venendo in questa parrocchia, ho fatto una scommessa! Tutti mi dicevano: “è una parrocchia di periferia, ha bisogno di essere animata, bisogna mettere attrazioni, bisogna attirare i giovani; i giovani e i ragazzi, se non arrivano a 30 anni, della fede non possono capire niente, sono scemi, gli puoi dire ciò che vuoi, ma non capiscono niente, perché hanno bisogno di passare attraverso le loro crisi esistenziali per cominciare a capire la fede, …ecc.”.

Io, invece, feci con me stesso una scommessa: non farò niente di tutto ciò, non ci sarà alcuna attrazione, se la gente intende venire qui, verrà semplicemente per quello che dico, perché quello che dico non lo prendo da me, lo prendo dal Vangelo di Gesù. È chiaro che tutti i saperi in cui mi sono tuffato mi servono per capire, sono tante chiavi che mi permettono di chiarire meglio la fede, di esplorare meglio i tesori della nostra fede, ma in fondo è sempre la fede di Gesù, non la mia. Ho scommesso: sarò severo con tutti, severo nella dottrina, sarò affabile nel comportamento, non userò trucchetto alcuno per catturare le persone. Questa fu la scommessa che feci il giorno in cui venni qui – mi pare che fosse il 1° ottobre 1986 – e sono rimasto fedele a questa scommessa che ho fatto con me stesso.

Questo per dirvi che non è vero che bisogna incentivare, fare chissà che cosa perché la gente ascolti la parola della fede. Bisogna capirla perbene, presentarla come si deve. E così continuerò ancora fino a quando il vescovo vorrà tenermi in questa parrocchia.

DOMANDA: “Perché il Papa ha inviato questo messaggio a fine millennio?”

RISPOSTA: Il motivo è questo: il Papa ha voluto far coincidere questo atto di purificazione con l’anno 2000, perché c’è da rilanciare un nuovo millennio, con la necessità di ritrovare i famosi Padri della Chiesa che siano capaci di creare la nuova modalità della fede. È un rilancio del Cristianesimo. Ecco perché era importante fare i conti – anche se non lo si fa mai abbastanza – con questo gene sincronico.

L’altra domanda da cui siamo partiti è: può la Chiesa chiedere perdono al Mondo per tutti gli errori fatti nel passato? Può il Papa chiedere scusa al Mondo per questo? Secondo me non può e non deve chiedere scusa al Mondo per questo gene di sopraffazione, per questo gene che porta ad esercitare violenza. Non può chiedere scusa al Mondo per queste cose, perché quando il Papa, i vescovi, i preti o noi cristiani abbiamo usato la violenza, la sopraffazione, la furbizia, non abbiamo fatto altro che farci prendere proprio dal gene del Mondo, cioè ci siamo mondanizzati.

Ora, non posso chiedere perdono al Mondo per qualcosa di cui è responsabile e colpevole lo stesso Mondo. Se io chiedo perdono al Mondo per tutte queste cose, il Mondo non mi capisce, perché il Mondo ha usato, usa e userà sempre le stesse tattiche, le stesse strategie che nel passato, e forse ancora oggi, la Chiesa ha usato per portare avanti le sue convinzioni.

Scusate: il Mondo come porta avanti le sue verità e le sue convinzioni? Con la pace? Le porta avanti con dolcezza? In maniera rispettosa? Di ciò che succede in Jugoslavia, in Kossovo e di tutte le guerre che ci sono, secondo voi, è responsabile la Chiesa? O è il gene mondano il responsabile? La Chiesa ha commesso certi errori proprio perché ha dato ascolto al Mondo e proprio perché i cristiani si sono lasciati, e si lasciano ancora, mondanizzare.

Il gene del Mondo è sempre lo stesso, ieri, oggi, e sempre. Il Mondo non cambia mai, è sempre lo stesso: cambiano le modalità in cui si presenta, ma la sostanza è sempre la stessa.

Perciò, quando la Chiesa va a chiedere scusa al Mondo, il Mondo si mette a ridere; anzi, approfitterà del fatto che la Chiesa gli vada a chiedere scusa, perché nel gioco del potere avrà una carta in più contro di essa ed è solo per questo, non perché il Mondo capisca la verità.

Può il Mondo capire la verità? Gesù parlava di Satana come del “principe di questo mondo” (Gv 12,31; 14,30; 16,11); dunque può il Mondo capire la verità? È impossibile. Può il Mondo salvarsi? È impossibile. Fino a quando il Mondo rimane Mondo, non si salva, perché è Mondo, non può capire la verità. Perciò non si può andare a chiedere perdono al Mondo per certi sbagli, perché sono sbagli frutto di una mondanizzazione della fede: abbiamo usato le stesse tattiche e strategie del Mondo. Infatti, il Papa non ha chiesto perdono al Mondo, ma a Dio. E in questo è stato grandissimo. Tutti si aspettavano che il Papa chiedesse scusa a tutto il Mondo, invece il Papa ha voluto parlare del peccato globale, del peccato di fondo come tentazione che i cristiani e la Chiesa hanno in tutti i tempi; di questo, dunque, chiede perdono a Dio. “Mondanizzarsi” vuol dire usare le stesse tattiche e strategie che il Mondo usa per andare avanti, soltanto che il Mondo porta avanti un messaggio di falsità, la Chiesa dovrebbe portare avanti un messaggio di verità.

Come può un messaggio di verità usare tattiche e strategie di falsità? È impossibile. La verità non abita in questo Mondo. Non lo dico io, lo dice Gesù, che parla di Satana come del “principe di questo mondo”.

A volte le guerre che sono servite al Mondo per imporre il potere di uno sull’altro, sono servite anche alla Chiesa per imporre la propria fede su un altro popolo. La Chiesa ha usato le stesse tattiche. E non si può dire che ciò che è stato fatto, è stato fatto per fede, perché la fede ti proibisce di usare certe tattiche, è la fede che t’impedisce di mondanizzarti.

Qualcuno potrebbe dire: “ma io come faccio a propagare la fede se non uso questi mezzi e queste tattiche?”. Dunque, tu ritieni di essere capace di propagare la verità?! Tu ritieni che la verità non abbia capacità propria di diffondersi? Tu ritieni di dover usare le strategie migliori per diffondere la verità?! Tu! Tu sei capace di trovare, nientemeno, le strategie migliori?!

Basta, poi, vederle queste strategie: dal momento che devono fare concorrenza agli altri messaggi, devono avere più potenza e più forza delle altre strategie. Così abbiamo un’escalation che non finisce mai: a chi la spara più forte!

Prima le chiese avevano gli oratori accanto, per attirare i ragazzi. Poi sono nate le palestre ed è chiaro che i ragazzi vanno nelle palestre, perché lì è tutto più attrezzato, si paga e si viene serviti bene. Allora noi che dobbiamo fare? Dobbiamo costruire anche noi delle palestre nelle chiese!?! Non si finisce più! È come il mercato della droga: a chi la offre la meglio!

Paolo VI, riferendosi a questo peccato, al peccato del Mondo entrato nella Chiesa, lo chiamava “il fumo di Satana”.

Quello di Giovanni Paolo II è un richiamo a purificare la fede, è un invito alle intelligenze dei cristiani a ritrovare nuovi linguaggi, nuovi quadri di riferimento, perché ormai tutto quello che si dice sono vecchi luoghi comuni, che sanno di rancido. Tant’è vero che la gente se ne scappa dalle chiese!