Teologia 01 del 20.12.1996

La volontà conosce solamente le cose così come a lei piacciono e non conosce mai l’essere fuori di sé. L’essere rimprovera la volontà, perché non può capire le cose come stanno, quindi la volontà si arrende all’essere. Io sono per questo nichilista.

Che cosa è il “Nichilismo”? Il Nichilismo è un lusso. Non crediate che tutte le persone possano facilmente permettersi di essere nichiliste. Soltanto le persone che amano il lusso, lo spreco possono essere nichiliste. Le persone, invece, attaccate agli oggetti, alla lira, al centesimo, alle relazioni, non potranno mai essere nichiliste. Non pensiamo che il lusso sia l’opposto della povertà: il lusso è l’opposto della volgarità. Chi ama il lusso non è uno che non vuole essere povero, è uno che non vuole essere volgare. Il lusso è il modo per sfuggire alla volgarità. Che cosa vuol dire “volgarità”? la parola “volgarità” deriva dal latino “vulgus”, che vuol dire “popolo”. Quando le cose cominciano ad essere popolari, diffuse, di massa, smettono di essere di lusso per diventare volgari. II Nichilismo non è un fatto di volgarità, è un fatto di lusso, di spreco e non tutti se lo possono permettere. La differenza tra quelli che se lo possono permettere e quelli che non se lo possono permettere non è una differenza di carattere sociologico. Avere il senso del lusso e dello spreco vuol dire uscire da una mentalità produttivistica. Prima il lusso si manifestava nella scelta di oggetti, ornamenti sfarzosi: il Re doveva avere addosso oggetti di lusso proprio per far rifulgere la sua differenza. Il lusso serve a far risaltare la differenza tra chi ce l’ha e chi non ce l’ha. Il lusso è una funzione della differenza e la differenza è importante proprio ai fini dell’evoluzione. Non c’è evoluzione se non c’è questa aspirazione alla differenza. Se tutti vogliamo essere volgari, far le solite cose, pensare al solito modo, è chiaro che l’evoluzione non ci sarà mai. L’evoluzione la portano avanti non quelli che sono volgari, ma quelli che amano il lusso. Il lusso è una funzione dell’aspirazione alla differenza. Chi ama la differenza, deve necessariamente cercare il lusso come modo per mostrare la sua differenza. Prima il lusso consisteva nel possesso e uso di diversi oggetti piuttosto appariscenti (la pelliccia, il capo firmato, ecc.). Queste cose non sono più, ormai, oggetti di lusso, sono oggetti volgari, perché fanno parte dei circuiti di massa, non hanno più senso, non fanno più differenza. Ormai il lusso non verte più sugli oggetti e, a pensarci bene, questo vuol dire essere rimasti molto indietro. Ormai la differenza non verte più sugli oggetti, ma su un altro tipo di lusso. Questa analisi del lusso come funzione della differenza e questo discorso sulla differenza lo sto portando avanti da anni; infatti quella raccolta di omelie fatta dai ragazzi a nome mio, ha come titolo “Discorsi in differenza”. Ciò che vado cercando da quando sono prete è proprio la differenza e non la volgarità, non ciò che è comune, ma proprio ciò che è “normale”. Il “normale” è ciò che non si trova facilmente. Facilmente si trova ciò che è comune, non ciò che è normale. La norma non si vede da nessuna parte. Questo discorso sulla differenza, questa analisi che avevo fatto per conto mio, poi è venuta ad incontrarsi con uno studio di un pensatore tedesco. Fu pubblicata una recensione, poco tempo fa, di un suo saggio che mi ha convinto ancora di più. Vedete, facendo funzionare il cervello, anche a distanza di migliaia di chilometri, tutti quanti possono arrivare alle stesse conclusioni! Quali sono dunque i nuovi oggetti del lusso? Sono: il tempo, la singolarità, lo spazio, la sicurezza. Cose che con gli oggetti un tempo rappresentativi del lusso non hanno niente a che fare.

La SINGOLARITA’. Questo tratto, che ho chiamato tante volte “solitarietà” (cioè l’essere solitario, non il rimanere soli), è uno stato d’animo che tu cogli dentro di te quando ti accorgi di pensare in un modo così alto, così elevato, così profondo da non poter essere raggiunto dagli altri: sei solitario non perché sei solo, ma perché voli piuttosto alto. La persona singolare, è la persona padrona delle proprie decisioni, la persona che non solo decide, ma si sente padrona delle sue decisioni, perché spesso si può decidere sotto la spinta di alcune circostanze. Invece la persona singolare è convinta di quello che decide, perché è padrona delle proprie decisioni.

Il TEMPO. Proprio perché sono padrone delle mie decisioni, decido io cosa fare del mio tempo e non voglio essere condizionato da altri per decidere. Posso decidere di dedicare il mio tempo agli altri, posso decidere di non dedicare tempo agli altri: non sono gli altri che me lo impongono, ne mi condizionano. Questo è lusso, questo è spreco, lo spreco positivo che ti fa uscire dalla mentalità solo di produzione. Decido io cosa fare del mio tempo, per me l’“altro” è inesistente e spiegheremo nel seminario di psicoanalisi a che cosa risponde la figura dell’“altro”: esiste l’“altro” o è una nostra invenzione? Ho scoperto che l’“altro” è una nostra invenzione. Nel Vangelo non si parla mai di questo “altro”, si parla del “prossimo”. Quella dell’“altro” è una categoria persecutoria: “…e l’altro che fa?”, “…cosa dicono gli altri?”, “…cosa vogliono gli altri?”. Gesù ha preso la categoria dell’“altro”, l’ha messa da parte e l‘ha sostituita con la categoria del prossimo. La parola “prossimo” vuol dire “vicinissimo”; l’“altro”, invece, è un qualcosa di molto lontano, ossessionante e persecutorio e l’abbiamo inventato noi.

Lo SPAZIO. Decido io dove stare, con chi stare, evitando la promiscuità sciocca e stupida che la nostra convivenza vuole, richiede e pretende.

La SICUREZZA. Metto una linea dinanzi a me, la linea di sicurezza alla quale né io mi devo avvicinare, né l’altro si deve avvicinare, per lasciarmi respirare.

Queste cose, però, le possono fare quelli che amano il lusso, la differenza, quelli che hanno una tale aspirazione alla differenza da portare veramente avanti l’evoluzione. La stirpe umana si evolve, approda a traguardi nuovi, grazie a persone che non hanno avuto la stupida idea di ripetere quello che gli altri hanno sempre detto: gli utili idioti che ripetono sempre le stesse cose. Amare, invece, il lusso in funzione della differenza: questo è decidere del proprio tempo, dello spazio, delle proprie decisioni, decidere la propria sicurezza. Questo è lusso. Una persona che può fare questo ha un lusso straordinario. Questo è il nichilismo.

II nichilista è colui che non dà conto a nessuno del proprio tempo, spazio, delle proprie decisioni, non si inventa l’altro. Questo è il nichilista vero.

II Cristianesimo è proprio una fede di lusso. Il Cristianesimo ti dà – dà a chi lo accetta nella mente – questa capacità di vivere secondo il lusso, secondo lo spreco, di uscire dalla mentalità produttivistica. Gesù parla di singolarità, di essere padroni del tempo, dello spazio. Toglie la categoria dell’altro che è persecutoria. Infatti, quando Gesù si accorgeva che tutti gli andavano dietro, perché volevano farlo re e avere favori da Lui, Gesù si voltava, diceva una cosa molto dura e così se ne andavano tutti quanti, lasciandolo libero. Questo personaggio affascina, perché è una persona di lusso, uomo dello spreco, uomo che è uscito dal circolo della produttività.

La parola “produrre” deriva dal latino “pro-ducére”, che vuol dire “andare sempre avanti”. Esempio: ho fatto dieci, ora devo fare trenta, poi quaranta, ecc. La produzione è, dunque, l’incapacità di godere di quello che hai, del tuo tempo, del tuo spazio, della tua singolarità, perché si tende sempre a stare un centimetro più avanti. Invece Gesù era fuori del circolo della produttività. Un verbo che fa a pugni con “produrre” è “sedurre”: è come se su di una via ci fossero due o più che corrono per andare sempre più in avanti (per produrre sempre più), mentre ai bordi c’è uno o una che gli fa l’occhiolino, li seduce, gli fa capire che tutto quel correre in avanti è un anticipare la loro morte. La seduzione ti fa rendere conto che quella tua mania di produttività è stupida: stai imbrogliando te stesso perché, buttandoti sempre in avanti, l’unica cosa che ottieni è di non cadere. Si produce ossessionati dalla morte. Lo sguardo seduttore, che sta ai bordi della strada, ti fa capire che stai correndo verso il nulla, che tu non stai producendo niente e stai soltanto ingannando te stesso. La seduzione, poi, perde il suo fascino, perché la cosa più importante è uscire dalla seduzione ed entrare in un’altra fase, quella della “deduzione”, cioè non si va più ne avanti ne indietro, una fase diversa. Questa è la figura di Gesù. Ecco perché Gesù è interessante, perché prima ti seduce, ti fa l’occhiolino ai bordi della strada, poi, dopo che ti ha sedotto, ti fa capire che la seduzione era una tattica, una strategia. Il fine non è quello di sedurre, il fine è quello di farti diventare un uomo di lusso, padrone delle tue decisioni, del tuo tempo e del tuo spazio, un uomo che ha eliminato il rapporto con l’“altro”, persecutorio e ossessionante. Questo è il nichilismo. Le persone nichiliste sono persone di lusso, di spreco, persone che non sono attaccabili, non si sa più che cosa vogliono e quale strada prendere per sottrargli qualcosa.

Ora, dal punto di vista cristiano, com’è possibile tutto questo? Com’è possibile essere uomini di lusso, di spreco? È possibile solo se partiamo dalla presenza dentro di noi di un’idea, di un archetipo, che è Dio. Soltanto se ci accorgiamo di portare dentro di noi questo archetipo di Dio, allora possiamo cominciare a metterci su questa via della differenza, che è la via della singolarità, dell’essere padroni del tempo, dello spazio, essere uomini di spreco, di lusso, non gente che vive nel legame necessitato verso gli oggetti. Questa idea di Dio è depositata nel fondo di noi stessi. Noi non abbiamo mai a che fare direttamente con Dio, noi non parliamo con Dio e non pensate, per favore, che quando si prega si parli con Dio. Come si fa a parlare con Dio!!! Con Dio si trascorre il silenzio e basta. Il senso vero delta preghiera è sentirsi abitati da questa idea di Dio. È l’idea di Dio che ci può permettere la differenza, per cui diventiamo uomini di lusso. Essere uomini di lusso non è per tutti. Ma se uno non ce la fa, non deve dire che non è vero, deve dire solo che non ce la fa, altrimenti è disonesto. Alcuni, infatti, pensano che io dica delle cose, ma che queste cose vadano poi spuntate, potate, per renderle più accettabili e questa è una stupidaggine. Solo perché non  riesci a vivere in questo modo dovrei decurtare quello che dico e di cui sono convinto; dovrei, cioè, arrivare ad una specie di compromesso, perché questo mio ipotetico interlocutore non è capace! È come se un daltonico volesse farmi vedere dei colori per insegnarmi cosa sono. Può insegnarmi che cosa è il daltonismo, ma non può darmi una lezione sui colori. Non si può tacciare di falsità uno stile di vita solo perché non si è in grado di farlo proprio. Se non ce la fai, ammettilo, ma non puoi pretendere che io modifichi e adegui certe mie convinzioni alle tue incapacità. Questo è stato sempre il rischio del Cristianesimo. Il Cristianesimo ha avuto una carica di religiosità profonda, enorme, ma l’ha persa nel corso dei secoli per adattarsi alle masse, per fare una religione popolare, nel trasformare il Cristianesimo in una dottrina sociale. Non si possono modificare certe verità per il fatto che c’è gente che non è capace di viverle.

Questa è una scuola di nichilismo, verità addomesticate non ce ne sono. Se non ce la fate, peggio per voi. Le cose che dico stanno nel Vangelo, ma non tutti ce la possono fare. Non siete obbligati ad essere cristiani! Piuttosto dite: “Ho il desiderio di essere cristiano”, che è una cosa nobilissima. Ma non si può tagliare la verità solo perché non ce la fate. Il mio compito di prete è proprio quello di sedurre. Sedurre nel senso di mettervi il bastone fra le ruote in questa corsa che voi fate continuamente, presi dalla produttività: fare, fare, parlare…

Ma c’è ancora qualcosa di cui parlare? Io credo di no. Si può solo parlare del fatto che non c’è niente di cui parlare. La scuola di nichilismo ha proprio questa finalità: far capire a tutti che non c’è niente di cui parlare e che se parliamo diciamo solo chiacchiere, telenovele, favole.